Influenza aviaria: FAQ 1. Che cos’è l’influenza aviaria? L’influenza aviaria è una malattia infettiva dei volatili domestici e selvatici. È causata da virus della famiglia Orthomyxoviridae, genere Orthomyxovirus di cui si conoscono tre tipi differenti: A, B e C. Al tipo A appartengono i virus influenzali degli animali (tra cui quello della influenza aviaria) e dell’uomo, mentre i virus di tipo B e C si ritrovano solo nell’uomo. Questi virus sono di forma sferica-ovoidale, rivestiti da un involucro formato da due tipi di glicoproteine: l'emoagglutinina (H) e la neuraminidasi (N). In base alle differenze di struttura dell’emoagglutinina e della neuraminidasi è possibile distinguere diversi sottotipi di virus influenzali di tipo A. Ad oggi si conoscono 16 differenti emoagglutinine (H1-H16) e 9 neuraminidasi (N1-N9). Il genoma del virus consiste in un singolo filamento di RNA segmentato in 8 frammenti (7 nel tipo C) che codificano per 10 proteine strutturali e non strutturali. Tutti i volatili sono suscettibili all’infezione da virus influenzali di tipo A. Nei volatili domestici (polli, galline, tacchini, faraone a altre specie) l’infezione sostenuta da virus influenzali definiti a bassa patogenicità si manifesta in forma lieve. Virus influenzali aviari di sottotipo H5 e H7, una volta infettati i volatili domestici e in particolare polli, galline e tacchini, possono mutare e divenire ad alta patogenicità, causando forme gravi, con diffusione sistemica del virus, danni al sistema nervoso, all’apparato respiratorio e gastroenterico, ed elevata mortalità. Nei volatili selvatici, l’infezione è normalmente asintomatica ed i virus influenzali si localizzano e replicano nell’intestino, venendo quindi diffusi nell’ambiente attraverso le feci. 2. Il virus dell’influenza aviaria è un virus influenzale simile a quelli che colpiscono l’uomo? I virus influenzali appartengono alla famiglia Orthomyxoviridae, genere Orthomyxovirus e tipi A, B e C. I virus influenzali di tipo A sono in grado di infettare l’uomo, gli uccelli selvatici e domestici, il suino, gli equini e altre specie animali. In queste specie provocano le classiche sindromi influenzali, quali l’influenza umana (in particolare i sottotipi H3N2 e H1N1), l’influenza suina (H3N2, H1N1, H1N2), l’influenza equina (sottotipi H3N8 e H7N7) e l’influenza aviaria (nei volatili selvatici sono state isolate tutte le combinazioni di H1-H16 e N1-N9). Benché siano virus della stessa famiglia e dello stesso sottotipo, i virus aviari non sono in grado di trasmettersi con efficienza al ’uomo, devono prima acquisire la capacità di infettare le cel ule umane, evento che può avvenire per mutazione o per ricombinazione con virus influenzali tipicamente umani (evenienze estremamente rare). I casi umani di infezione da virus aviari ad oggi riportati sono rari (nel mondo, circa un migliaio dal 1997 ad oggi) e sono dovuti al contatto diretto con uccelli infetti, non per trasmissione interumana. 3. Come si trasmette l’influenza aviaria? In natura i virus influenzali si localizzano e replicano nell’intestino dei volatili selvatici, che li eliminano attraverso le feci.
Le specie selvatiche più importanti per l’ecologia dei virus influenzali sono specie acquatiche, quali anatidi (anatre, oche, germani), limicoli, gabbiani, ed, in modo minore, altre specie. I volatili in natura si infettano attraverso il contatto diretto tra gli animali (via orofecale), oppure dall’ambiente (acque superficiali contaminate). Gli uccelli selvatici infettati raramente presentano sintomi clinici, ma attraverso le feci possono liberare nell’ambiente grandi quantità di virus. Il virus si può trasmettere anche ai volatili domestici, per contatto diretto con uccelli selvatici o indirettamente attraverso le acque o oggetti contaminati dalle loro feci. L’uomo si può infettare solo attraverso il contatto diretto con uccelli infetti o morti di influenza aviaria, soprattutto per via respiratoria, a causa degli aerosol che si possono formare durante le fasi di manipolazione degli animali. Non sono stati evidenziati casi di trasmissione attraverso il consumo di alimenti prodotti da animali infetti. PDF Creator - PDF4Free v2.0 4. Il virus dell’influenza aviaria può sopravvivere a lungo? Il virus dell’influenza aviaria è particolarmente resistente alle basse temperature (ciò spiega l’elevata diffusione nel periodo autunno-inverno). Rimane vitale per lunghi periodi nelle feci, nei tessuti e nell’acqua mentre viene distrutto a 60° gradi in tre minuti ed è inattivato da disinfettanti come formalina e composti iodati. 5. Quali sono i sintomi dell'influenza aviaria nei volatili? Nei volatili selvatici l’infezione normalmente non ha sintomi evidenti. Lo stesso si ha nei volatili domestici in caso di infezione da virus influenzali a bassa patogenicità. In questi casi l’infezione si può evidenziare solo attraverso esami di laboratorio (ricerca degli anticorpi contro il virus o ricerca del virus influenzale). In caso di infezione da virus influenzali ad alta patogenicità (sottotipo H5 e H7), la sintomatologia nei volatili colpiti si manifesta con problemi nervosi, come tremori e difficoltà nella coordinazione dei movimenti, seguiti in breve tempo dalla morte dell’animale. Quando vengono colpiti i tacchini si assiste, nella maggior parte dei casi, alla morte del 100% dei soggetti colpiti già nelle prime 48-72 ore dal manifestarsi dei primi sintomi. Nel caso delle galline ovaiole si assiste inoltre a una diminuzione dell’assunzione del mangime e a una interruzione della deposizione delle uova. Anche in questo caso la mortalità raggiunge il 100% dei soggetti colpiti in tempi brevi dall’infezione. 6. Che cosa indicano le sigle H5N2 o H7N2 quando si parla di influenza aviaria? I virus influenzali appartengono a tre diversi tipi: A, B, C. I virus di tipo A, responsabili delle infezioni umane e animali, si suddividono inoltre in sottotipi sulla base delle differenze riscontrate in due diverse proteine localizzate sulla superficie della particella virale: emoagglutinina (H) e neuroaminidasi (N). Attualmente sono stati caratterizzati 16 diversi sottotipi di emoagglutinina (H1-H16) e 9 di neuroaminidasi (N1-N9). Le sigle H5N2 o H7N2 identificano quindi il sottotipo di virus attraverso la combinazione dei sottotipi di emoagglutinina e neuroaminidasi riscontrati. 7. Che cosa significano le sigle HPAI e LPAI? L’influenza aviaria può essere causata da virus più o meno patogeni, cioè in grado di causare una sintomatologia di diversa gravità negli animali. Il virus HPAI (acronimo inglese di High Pathogenic Avian Influenza = Influenza Aviaria ad Alta Patogenicità) quando colpisce gli uccelli domestici provoca la morte in breve tempo del 100% dei soggetti. Il virus LPAI (Low Pathogenic Avian Influenza = Influenza Aviaria a Bassa Patogenicità) determina sintomi meno gravi e causa la morte di un minor numero di soggetti, o molto spesso è asintomatico. L’aspetto preoccupante delle infezioni causate da virus LPAI negli uccelli domestici è legato alla possibilità che col tempo il virus possa mutare trasformandosi da virus a bassa patogenicità ad alta patogenicità con conseguenze devastanti per le popolazioni animali. Questa possibilità è stata attualmente verificata unicamente per virus a bassa patogenicità di sottotipo H5 e H7, che hanno infettato gli uccelli domestici. 8. Dove è diffusa l’influenza aviaria? Attualmente in diversi paesi del Sud Est Asiatico, in particolare in Cina, Vietnam, Corea e Tailandia, l’influenza aviaria causata da virus H5N1 ad alta patogenicità è presente in forma pressoché endemica nei volatili. Recentemente lo stesso virus è stato riscontrato anche in Russia, Siberia, Mongolia e Kazakhstan. In altre zone, quali Sud Africa, Stati Uniti, Europa, Canada e Sud America, sono riportati sporadicamente focolai in allevamenti avicoli causati da altri sottotipi virali prevalentemente a bassa patogenicità. L’influenza aviaria è stata segnalata anche in Italia nel recente passato. PDF Creator - PDF4Free v2.0 9. Come si può prevenire la diffusione del virus? La diffusione dell’influenza aviaria si può contenere applicando rigorose misure igienico-sanitarie. Su tutto il territorio comunitario, pertanto anche in Italia, in presenza di malattia, gli allevamenti sono sottoposti a rigide misure igienico-sanitarie per prevenire la diffusione del virus e per evitare che le carni e i prodotti degli animali infetti entrino nel regolare circuito commerciale. Sia gli animali ammalati che tutti i loro prodotti derivati (uova, carni) vengono eliminati. Al fine di evitare l’introduzione della malattia nel territorio comunitario, la Commissione Europea e il Ministero della Salute hanno disposto una serie di misure protettive, tra cui il divieto di importazione di carne di pollame e prodotti derivati (solo alla Thailandia, in quanto unico paese tra quelli interessati all’epidemia autorizzato alle esportazioni verso la Comunità europea) e il divieto di importazione di uccelli ornamentali e da voliera da tutti i paesi interessati dall’epidemia. L’ordinanza ministeriale del 26 agosto 2005 ha introdotto ulteriori misure restrittive per la tutela della salute dei cittadini. 10. Il virus dell’influenza aviaria può trasmettersi all’uomo? Dal 1997 si è avuta l’evidenza che i virus influenzali aviari possono trasmettersi direttamente dagli uccelli infetti all’uomo. Ad oggi questa evenienza è sporadica ed ha riguardato alcune centinaia di casi lievi (epidemia in Olanda nel 2003) e circa 70 decessi, avvenuti tutti tranne uno (epidemia in Olanda nel 2003) nel Sud Est Asiatico nel corso dell’epidemia da virus influenzale H5N1. Attualmente, l’unica via d’infezione dimostrata per l’uomo è il contatto diretto con uccelli morti o ammalati. Quest’evenienza è attualmente ristretta ai Paesi del Sud Est Asiatico, dove le condizioni igienico-sanitarie sono scarse e la tipologia di allevamento comunemente attuata consente contatti molto stretti tra persone e volatili allevati. In queste aree è molto diffuso l’allevamento estensivo/rurale che consente contatti tra uccelli domestici e selvatici, favorendo quindi la trasmissione dell’influenza ai domestici. Inoltre, spesso gli animali vengono allevati in prossimità delle abitazioni senza precise misure sanitarie. Completamente diversa è la situazione dei paesi, tra cui l’Italia, in cui è diffuso l’allevamento industriale. In queste realtà, le stringenti misure igienico-sanitarie e di biosicurezza negli allevamenti, le precise regole produttive e l’attività di controllo svolta dall’Autorità sanitaria riducono notevolmente il rischio d’infezione sia per i volatili domestici che, di conseguenza, per l’uomo. Pertanto l’evenienza che la popolazione possa venire a contatto con animali infetti è altamente improbabile. 11. Quali sono i sintomi dell’influenza aviaria nell’uomo? I pazienti colpiti da influenza aviaria possono presentare diversi quadri clinici. Da forme quasi asintomatiche a congiuntivite a sintomi simil-influenzali (febbre, dolori articolari), fino alle forme più gravi con febbre elevata e grave polmonite virale che, in casi estremi, può causare la morte della persona. 12. Ci sono dei rischi per l’uomo? In Italia le misure di sorveglianza e di controllo dell’influenza aviaria messe in atto riguardano sia gli allevamenti avicoli che gli uccelli selvatici. Sono in corso piani di sorveglianza su tutto il territorio nazionale e controlli più intensi nelle aree in cui si concentrano gli allevamenti avicoli (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna). Queste attività consentono un livello di sicurezza molto elevato per il cittadino italiano che, nella situazione attuale e con le misure sanitarie attivate dall’Autorità competente, non corre particolari rischi di contrarre l’influenza aviaria dal pollame.
Attualmente, considerando la situazione internazionale e gli allarmi legati alla diffusione del virus influenzale H5N1 dall’Asia verso l’Europa, la Comunità Europea e l’Italia, hanno intensificato le misure di sicurezza. In particolare è stato definito un piano d’intervento (Ordinanza Ministeriale del 26 agosto 2005)che prevede maggiori controlli alle frontiere sui prodotti a rischio e sull’importazione di uccelli vivi e l’intensificazione della sorveglianza sui volatili selvatici migratori. Quest’ultimo punto è legato al rischio che nel corso delle migrazioni, uccelli provenienti da aree in cui vi è il virus H5N1 PDF Creator - PDF4Free v2.0 possano trasportarlo e introdurlo in Europa, dove potrebbe eventualmente diffondersi anche negli allevamenti industriali e provocare rischi sanitari e gravi danni economici. L’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, sede del Centro di Referenza Nazionale per l’influenza aviaria, è il coordinatore nazionale, su mandato del Ministero della Salute, dell’attività di sorveglianza sui volatili selvatici, in collaborazione con l’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica (INFS). Nel caso di persone che visitano paesi in cui l’epidemia di influenza aviaria è in corso, il rischio di infezione è strettamente legato al contatto diretto con uccelli infetti. Vari siti Istituzionali sia Italiani che stranieri forniscono indicazioni sulle precauzioni che si devono tenere visitando i paesi a rischio. 13. Esistono categorie a rischio? In generale, per l’influenza aviaria, le categorie considerate a rischio di contagio sono gli addetti al settore avicolo, veterinari, macellatori, allevatori, trasportatori… che possono venire a contatto con uccelli infetti o morti di influenza aviaria. Nel caso in cui si abbia il sospetto di un focolaio di influenza aviaria in allevamenti avicoli, vengono immediatamente attuate tutte le misure igienicosanitarie previste dalle normative, tra cui una serie di indicazioni sulla protezione del personale a rischio. In generale, per queste categorie, è consigliabile la vaccinazione contro l’influenza umana, al fine non tanto di prevenire l’influenza aviaria, ma di evitare, nel caso in cui si sia esposti a virus influenzali aviari, che contraendo anche l’influenza umana, venga favorito il fenomeno di ricombinazione tra virus umani ed aviari. 14. L’influenza aviaria è diffusa in Italia? L’Italia, per il consistente patrimonio avicolo e per la diffusa presenza di uccelli selvatici sia migratori che stanziali, è un paese a rischio per l’influenza aviaria. Benché attualmente non vi siano casi di influenza aviaria, nel passato vi sono state epidemie che hanno interessato gli allevamenti avicoli del Nord Italia, sia causate da virus ad alta patogenicità che a bassa patogenicità, con gravi danni economici ma nessun caso umano. Le precedenti esperienze hanno indotto le autorità sanitarie, i produttori e gli allevatori del settore avicolo a concordare strategie di prevenzione e controllo di eventuali epidemie. Attualmente l’Italia è all’avanguardia nel mondo per il controllo dell’influenza aviaria, avendo attuato misure di controllo e di protezione negli allevamenti estremamente innovative ed efficaci. Quest’attività è svolta prevalentemente all’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, che a livello nazionale e internazionale è un riferimento nello sviluppo di strategie di controllo e nella ricerca scientifica sull’influenza aviaria. Benché il settore avicolo industriale sia controllato, è praticamente impossibile tenere sotto controllo l’influenza aviaria negli uccelli selvatici, che sono il serbatoio naturale dell’infezione. In Italia è attivo da diversi anni un piano di monitoraggio per l’influenza aviaria nelle specie selvatiche più a rischio, che ha evidenziato la presenza di virus influenzali in queste specie. Questa situazione consente la permanenza del virus e la possibilità di diffusione dell’infezione. 15. Perché l’influenza aviaria suscita numerose preoccupazioni? I virus influenzali aviari sono adattati principalmente a replicare nell’intestino degli uccelli acquatici (anatre, oche, germani…) e sono scarsamente capaci di replicarsi nell'uomo. Tuttavia, le caratteristiche genetiche dei virus influenzali, la loro capacità di andare incontro a mutazioni e di formare ibridi virali (per riassortimento genetico) in caso di contemporanea infezione da parte di virus aviari e umani,potrebbero consentire l’origine di nuovi virus influenzali umani in grado di diffondersi in modo efficiente e verso i quali non vi è attualmente protezione immunitaria a livello di popolazione. 16. C’è il rischio che si sviluppi una nuova pandemia influenzale?
Per pandemia si intende un epidemia a diffusione vastissima che colpisce contemporaneamente ampiearee del pianeta. La pandemia influenzale è la comparsa di un nuovo ceppo influenzale umano versocui la maggioranza della popolazione è suscettibile. PDF Creator - PDF4Free v2.0 Solo nel secolo scorso si sono avute diverse pandemie influenzali, le più note furono la “spagnola” del1918 e l’”asiatica” del 1957. Attualmente non è possibile prevedere né il momento né gli effetti di unanuova pandemia, in quanto non sono note le caratteristiche del futuro virus responsabile, la suapatogenicità e la sua capacità di diffusione; ma per le caratteristiche dei virus influenzali, sembra unevento inevitabile. Dall’ultima pandemia del 1968 (Hong Kong) sono trascorsi 37 anni, e gli intervalli di tempo intercorsitra le precedenti pandemie hanno oscillato tra 11 e 42 anni, quindi la possibilità che si presenti intempi non troppo lunghi è concreta. Le condizioni che consentono l’insorgenza di una nuova pandemiainfluenzale sono: l’emergenza di un sottotipo di virus influenzale contro il quale la popolazionemondiale abbia poca o nessuna protezione immunitaria, la capacità del nuovo virus di replicarsiattivamente nell'uomo edi trasmettersi efficientemente da uomo ad uomo. Attualmente, nel Sud Est asiatico si ha l’emergenza del virus H5N1, un sottotipo verso cui la popolazione umana non ha immunità, e che può infettare l’uomo, ma non è ancora in grado di trasmettersi efficacemente da uomo a uomo, la caratteristica fondamentale per provocare una pandemia. Affinché un virus aviario diventi in grado di trasmettersi efficacemente da uomo a uomo sono necessari complessi riassortimenti genetici fra il virus influenzale aviario e quello umano, che hanno bassissime probabilità di avvenire. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fornito le linee guida per intervenire in corso di pandemia al fine di ridurre al minimo la diffusione dell’infezione e i danni per la salute pubblica. L’Italia e numerosi altri paesi stanno predisponendo il piano d’emergenza (Piano Pandemico) per il controllo e la prevenzione, sia a livello umano sia nelle popolazioni animali, di un’eventuale pandemia. 17. Esiste un vaccino o una cura per l’influenza aviaria? Nei confronti dell’influenza solo un vaccino adeguato è in grado di prevenire in modo efficace l’infezione. Attualmente non è disponibile un vaccino ad uso umano contro il virus influenzale H5N1, ma la ricerca in questo campo è attiva. Si prevede che, in caso di pandemia influenzale, un vaccino efficace nei confronti del virus responsabile possa essere disponibile nell’arco di 2-3 mesi. Per la profilassi e il trattamento dell’influenza sono disponibili alcuni farmaci antivirali, l’amantadina, la rimantadina e gli inibitori delle neuraminidasi (oseltamavir e zanamavir). I primi due possono essere utili contro i virus pandemici, ma presentano alcune controindicazioni, legate alla frequenza di effetti collaterali che provocano (insonnia, vertigini, nausea, problemi renali ed epatici) e ai limiti nel loro utilizzo (non vanno usati in soggetti di età inferiore ad 1 anno e in gravidanza). Alcuni sottotipi di virus influenzali, tra cui vari stipiti di H5N1, hanno dimostrato resistenza alla loro azione, un fenomeno che li rende inappropriati nel trattamento di infezioni umane da virus dell’influenza aviaria H5N1. Gli inibitori della neuraminidasi (solo zanamivir al momento è commercializzato in Italia) sono efficaci nei confronti dei virus di tipo A e B. Lo zanamivir è stato autorizzato esclusivamente negli adulti ammalati; non è stato autorizzato per il trattamento profilattico, anche se è stato segnalato un certo grado di efficacia. L’oseltamivir è autorizzato nell’Unione Europea per il trattamento dell’influenza in adulti e bambini di età superiore ad 1 anno, e anche per la prevenzione post-esposizione negli adulti e negli adolescenti. In generale gli inibitori della neuraminidasi riducono di circa un giorno la durata dell’influenza non complicata, ma devono essere somministrati il più presto possibile dal momento dell’infezione. Questi farmaci non sono una vera e propria cura per l’influenza, non sono in grado di contrastare in maniera efficace la moltiplicazione del virus una volta che l’infezione sia avvenuta, possono però rallentare la diffusione della pandemia. PDF Creator - PDF4Free v2.0
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A 43-year-old man developed bilateral painless visionloss with photophobia, photopsia, and nyctalopia overseveral weeks. He had undergone allogeneic bone marrow1. Strouthidis NG, Francis PJ, Stanford MR, et al. Posterior seg-transplant 10 years earlier for aplastic anemia. He subse-ment complications of graft versus host disease after bone marrowtransplantation. Br J Ophthalmol 2003;87:1421–